Grandi viaggi e spedizioni  

 

 

 

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2004 - Ande un Cerro per Ardito Desio

 

Risultati della spedizione alpinistica organizzata per dedicare una cima andina a Ardito Desio:

esplorazione di un bacino glaciale inesplorato nella valleRosada laterale della valle del fiume Atuel (Malargue-Mendoza)

con scalata del Cerro Ardito Desio, del Cerro Milano, del Cerro Malargue, del Cerro Losanna.

 

- La conca glaciale inesplorata con il ghiacciaio denominato Palmanova e il Cerro Desio

- Il Cerro Milano (sullo sfondo) visto dal Cerro Malargue

- La salita al Cerro Milano tra i penitentes

 

 

penitentes   Milano ridotta   desio ridotta   scalata

 

Tra i gaucios delle Ande

 

Nello spirito esplorativo di Ardito Desio che voleva sempre abbinare le ricerche di scienze della terra a quelle di geografia umana,

al termine dell' attività alpinistica ci siamo impegnati nello studio della storia dell' insediamento umano nella valle del rio Atuel.

In particolare abbiamo ricercato testimonianze delle antiche popolazioni Puenches e Pehuenches

che hanno abitato l'area da 7000 a 500 anni fa raggiungendo con un trekking a cavallo di quattro giorni

il sito archeologico conosciuto come Pueblo Perdito o EI Endigeno.

Situato a 3500 metri di quota sul bordo di una colata lavica fra le vallate dell' Atuel  e del Diamante,

questo straordinario complesso abitativo è composto dal basamento circolare di un centinaio di abitazioni estive (pircas)

costruite da un popolo dedito alla caccia dei guanachi.  

La continuità dell'insediamento umano della zona è testimoniata dalla presenza dei "puesteros",

come sono chiamati sulle Ande argentine gli allevatori di cavalli, bovini e di ovini

che ancora oggi praticano la transumanza stagionale fra la pampa e le alte vallate.

La ricerca si è poi spostata nella Patagonia settentrionale con la visita ad alcune riserve dei Mapuche,

i discendenti dell'unica comunità  di indios sopravissuta agli attacchi prima degli inca, poi degli spagnoli e infine degli argentini

che nella seconda metà del XIX secolo, con la campagna militare conosciuta come "conquista del  desierto",

hanno perpetrato il genocidio della comunità autoctone.

Attraverso interviste ai "lonko" (i cacique delle singole riserve) e ai rappresentati mapuche nei vari organismi rappresentativi e

 amministrativi, abbiamo avuto modo di discutere i problemi riguardanti la proprietà della terra, la gestione delle risorse del territorio,

la conservazione degli elementi più caratteristici della cultura originaria,  come la lingua e l'artigianato,

il rapporto fra cultura cattolica e religiosità tradizionale ancora di impronta animista,

lo sviluppo economico mediante la promozione e la gestione diretta delle  varie  forme di eco-turismo.

Il tutto ai piedi del bellissimo cono innevato del vulcano Larin e all'ombra dei boschi di araucarie,

due dei più sacri componenti della cosmogonia mapuche.

 

Un giovane puestero della valle dell'Atuel - Piccoli scolari Mapuche della missione salesiana - Un vecchio cacique,

capo politico e religioso dei Mapuche in una fotografia storica.

 

 

scolari       puestero     

 

 

 

argentina 3        m 1         

 

 

 

 

Ai confini dell'impero: la terra dei Mapuche

Dal libro Ande: suglle strade degli Inca in attesa di pubblicazione

 

" O grande vicino vulcano/ dicono tu sia la fornace del dio Vulcano/che erutta fiamme senza sosta..."

Così il poeta-soldato spagnolo Alonso de Ercilla descrive il vulcano Villarrica (2850 metri)

 nel poema epico La Araucana

nel quale immortalò la strenua resistenza degli indios Mapuche all'avanzata dei conquistadores.

Terra di vulcani ammantati di ghiacci (il Larin raggiunge i 3376 metri),

 l'Araucanìa è una regione di grandi laghi dove il fertile terreno vulcanico e il clima fresco e

piovoso favoriscono la crescita di rigogliose foreste di faggi australi,

di araucarie (una varietà di pino chiamata in lingua huarpe pehuen) e

a sud di alerce (Fitzroya cupressoides, una conifera che somiglia alle sequoie).

Qui ha le sue sorgenti il rio Biobio, fiume che nasce sul versante occidentale della Cordigliera delle Ande

tra il passo Pino Hachado (1884 m) e il passo de Icalma (1298 m), oggi posti di confine fra Cile e Argentina,

e che con un corso di 380 km va a sfociare nell'oceano Pacifico all'altezza del porto di Conception,

a cavallo fra la IX e l'VIII regione (Cile centrale e Araucania e Los Lagos).

Unica arteria navigabile del Cile, il rio Biobio è oggi uno dei fiumi più apprezzati dagli sportivi per la pesca e

 per la pratica del cayak e del rafting, anche se la sua sopravvivenza è messa in serio pericolo

 dal progetto di costruzione, in parte già in atto, di una serie di dighe e di bacini artificiali

 per la produzione di energia idroelettrica.

Ma l'importanza del rio Biobio non è solo ambientale e sportiva.

Da sempre, infatti, il fiume ha rappresentato una ideale e invalicabile linea di frontiera,

nel XV secolo nei confronti degli Inca, in quello successivo degli Spagnoli.

Ad opporsi ad ogni conquista fu la popolazione degli araucani,

una confederazione formata dai Picunche (araucani settentrionali), dai Mapuche (la gente della terra) e

 dei Mulliche (araucani meridionali).

I primi a scontrarsi con loro furono le armate dell'inca Topa Yupanqui

che nella seconda metà del XV secolo riuscirono a conquistare e a incorporare nell'impero

il territorio dei Picunches sino al rio Maule. Nulla però poterono contro i più bellicosi Mapuches

che costrinsero gli inca a porre i confini meridionali del Collasuyo sul fiume Biobio.

Nei territori soggetti gli inca fondarono colonie agricole e guarnigioni militari chiamate mitimaes e

fecero conoscere agli indios locali la tecnica di irrigazione agricola, la coltivazione del mais e la lavorazione dei metalli.

 Nel 1536 agli inca si sostituirono gli spagnoli che, conquistati a fatica gli araucani settentrionali e meridionali,

subirono invece le più pesanti perdite della loro conquista nella zona centrale proprio ad opera dei Mapuche.

 Acquisiti importanti elementi della cultura spagnola connessi soprattutto all'uso dei cavallo e delle tattiche belliche,

 i Mapuche riuscirono infatti per decenni a contrastare le forze degli invasori,

attaccando e distruggendo al comando di grandi cacique i villaggi a sud del rio Biobio:

 fu la sorte, ad esempio, toccata nel 1600 a Osorno e nell'anno successivo a Villarrica,

al termine della grande rivolta iniziata nel 1598).

Nel 1883, al momento della pacificazione dopo tre secoli di lotte,

l'area dell'Araucania centrale era ancora nelle mani di questo popolo che riuscì così,

 a differenza dei Picunche e dei Mulliche, a conservare inalterato il suo patrimonio culturale.

A partire dalla fine del XVI secolo, pressati dagli Spagnoli,

 i Mapuche passarono lo spartiacque andino colonizzandone anche il versante orientale oggi cileno.

La popolazione originaria era qui formata dai Pehuenches, "la gente de los pinares",

così chiamata perchè il suo alimento base, oltre alle prede della caccia ai guanachi e ai nandù,

era costituito dalle pigne (pinòn) di araucaria, o pehuén, con le quali producevano farina e una bevanda alcoolica.

Tra il XV e il XVI secolo i Pehuenche subirono però l'acculturazione da parte dei Tehuelche,

la popolazione pampeana di cacciatori e di raccoglitori che, vestiti del "manto patagòn" (un mantello di pelle di guanaco)

nomadizzavano alla ricerca di selvaggina vivendo in ripari di pietre e pelle (itoldo).

I Mapuche si sovrapposero alle etnie precedenti dando inizio al processo di "araucanizzazione" della Pampa,

 integrando cioè l'economia della caccia nomade con quella dell'agricoltura (mais e patate) e d

ell'allevamento di cavalli, ovini e bovini introdotti dagli Spagnoli. Su entrambi i versanti della cordigliera il

 dominio dei Mapuche si protrasse fino alla seconda metà dell'Ottocento quando

furono costretti con la forza a cedere le loro più fertili terre ai colonie e ai grandi proprietari terrieri,

facendosi relegare in riserve. Drammatica fu in particolare la sorte dei Mapuche argentini

annientati dalle armate del generale Roca che tra il 1879 e il 1885

operò il sistematico genocidio degli indios della Pampa e della Patagonia

mediante la campagna militare conosciuta come la  "conquista del desierto".

Oggi si calcola che vi siano circa 300.000 Mapuche in Cile (il 20% della popolazione totale del territorio Arauco) e

circa 30.000 nella provincia del Neuquén in Argentina.

 Ed è proprio qui, agli estremi confini dell'impero inca, che ci siamo recati

per verificare la situazione socio-economica di questo popolo c

he non si stanca di lanciare al mondo accorati appelli in nome di una sopravvivenza

sempre più messa in discussione dalle mire espansionistiche delle grandi multinazionali del legno, dei minerali e del petrolio.

Che non vuole essere relegato nelle sale di pur interessanti musei etnografici,

da quelli di  Temuco e di Villarrica in Cile a quelli di San Junìn o di San Martin de los Andes in Argentina.

In una sala di quest'ultimo è esposta una carta schematica con l'indicazione delle 46 riserve

 (ma il termine esatto è comunidad) riunite nella Confederazione Mapuche Neuquìna.

 Di ognuna vengono indicati l'estensione in ettari, il numero di famiglie, le attività economiche prevalenti

(allevamento, artigianato, turismo, forestazione) e

se esiste un conflitto in atto per il possesso della terra.

Ad esempio, nei confronti delle corporazioni forestali, delle compagnie minerarie, dell'esercito,

dei grandi proprietari terrieri, dei parchi nazionali.

Dalla confederazione è esclusa solo la comunità di Curruhuinka stanziata sulle rive del lago Lacar

(San Martin de los Andes) poichè al tempo della "conquista del desierto"

 è stata l'unica ad allearsi con le truppe del generale Roca contro i propri confratelli.

 

Iniziamo la nostra inchiesta nel dipartimento di Aluminé che presenta la massima concentrazione di riserve.

Sulle sponde dell'omonimo lago, a circa 1300 metri di altitudine e a pochi chilometri dal confine cileno,

 Villa Pehuenia è una villaggio turistico frequentato in estate dagli amanti della pesca,

 della canoa e dell'equitazione, in inverno dagli appassionati di sci.

 Sulle pendici del vulcano Batea Mahuida di 1965 metri si trova infatti il Parque de Nieve,

una stazione di sci dotata di impianti di risalita interamente gestita dalla comunità dei Mapuche Puel.

L'unica - sembra - in tutto il continente sudamericano ad essere di proprietà di indios

 che accudiscono agli impianti, noleggiano attrezzature e svolgono la professione di maestri di sci.

 La riserva comprende 46 famiglie per un totale di circa 400 abitanti

(ogni coppia ha una media di sette figli) stanziati in due diversi settori.

Il primo di 36 famiglie sulle pendici del vulcano, il secondo di 10 famiglie sulle colline tra il lago Aluminé e il lago Moquehue

che racchiudono le conche di cinque piccoli laghi (Quenchu Lafguen) incastonati nella fitta foresta di araucarie.

 Entriamo in questo settore pagando un biglietto di due pesos,

superiamo il campeggio e ci dirigiamo verso la casa di Juanita Puel, con i suoi 74 anni è la decana della comunità.

L'insediamento é composto da una casetta in muratura con un piccolo orto, da un coral per il bestiame e da un fienile in legno.

Juanita accetta volentieri di parlare con noi, smettendo di tessere il poncho che fa bella mostra di sé sul telaio esterno.

 Vive da sola con quattro mucche da latte con le quali produce formaggio.

 La casa è di sua proprietà, mentre il terreno le è dato in concessione per 99 anni.

 Ha quattro figli, ognuno sposato con una propria abitazione.

Sono tutti allevatori stanziali di bovini e di ovini.

 

 

 

 

 

 

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 Juanita al suo telaio; una aucaria e le sue pigne raccolte dai ragazzi per fare farina e birra

 

A differenza delle altre sei famiglie che in inverno si spostano nelle residenze attorno a Zapala

(è la classica transumanza stagionale chiamata "invernada"), rimangono nella riserva tutto l'anno anche con la neve alta,

utilizzando per il bestiame il fieno acquistato durante la "verenada".

Integrano l'allevamento con i proventi del turismo: la gestione del camping e l'attività di guide per i

trekker che desiderino raggiungere i luoghi più caratteristici, il "mirador" e una cascata.

Il giorno seguente il cielo plumbleo promette pioggia e dedichiamo quindi il nostro tempo alle interviste "in interno".

La prima meta è la scuola primaria n.90 dove siamo cortesemente accolti dal maestro Jorge e

dalla simpatica direttora Teresa Papy. Non ci sono alunni perchè la scuola è seggio per le elezioni dell'intendente,

 il sindaco del comune, che si sarebbero svolte l'indomani.

 In ogni caso in questa stagione le assenze sono molto numerose

perchè gran parte degli alunni delle sette classi in cui si articola il primo ciclo di istruzione

fanno i pinoneros, raccolgono cioé le pigne delle araucarie d

a cui le mamme ricavano farina e chicha (la birra locale).

"Per i Mapuche - afferma la direttrice offrendo mate de jerba e assaggi di torta fritta - prima viene la cultura del lavoro,

poi la scuola. In questo momento, ad esempio, piove e fa freddo.

I bambini delle famiglie che possiedono bestiame sono quindi andati sui pascoli più alti

per farlo scendere verso valle, sulle rive del lago. Poi riprenderanno a frequentare la scuola.

Teresa ci conferma quanto detto da Juanita. Quando un figlio si sposa, costruisce una sua casa.

 Essendo la proprietà del terreno comunitaria, in quell'occasione viene convocato il trabùn,

 l'assemblea della riserva presieduta dal lonko , per decidere l'assegnazione dell'appezzamento.

Il lonko (più conosciuto col nome spagnolo di cacique) è il capo della comunità, una carica un tempo ereditaria,

ma oggi elettiva e della durata di due anni.  Né la direttrice né il maestro sono al corrente di

 chi è la proprietà effettiva del terreno dato in concessione alla comunità.

Chiediamo quali siano secondo loro i principali problemi dei Mapuche. "E' la perdita della loro identità

 in nome del progresso e del turismo - ci risponde Teresa. -

 Un tempo, ad esempio, l'araucaria era un albero sacro. Ora viene tagliata senza problemi per ricavare legna da vendere.

Al fine di evitarne la scomparsa, il governo ha creato numerosi vivai forestali in cui però

sono piantate specie di pini non autoctoni i cui semi provengono dall'Italia.

 Il problema più grave è però quello della lingua. Nessuno parla ormai più in famiglia la lingua mapuche e

i bambini la stanno disimparando perdendo così ogni contatto con il proprio retaggio culturale.

Per evitare questo pericolo, nella scuola primaria è previsto un maestro di lingua e di cultura mapuche

 che però le insegna come se si trattasse di materie estranee, al pari dell'inglese o del francese, ad esempio".

 

Dopo una decina di "giri" di mate de jerba e una quantità industriale di torta fritta

 ci congediamo dai nostri ospiti che ci consigliano di andare a visitare certo Amaranto Aigo,

uno dei lonko più rispettati per anzianità e saggezza, anche al di fuori della comunità di Rucachoroi in cui vive,

forse la più legata alle ataviche tradizioni dei Mapuche.

 Per raggiungerlo ridiscendiamo il corso del rio Aluminè fino alla omonima cittadina dalla quale penetriamo

 nella valle laterale del rio Rucachoroi. L'ambiente è quello desertico della puna secca

rivestita da bassi cespugli spinosi e punteggiata solo dalle macchie verdi dei cipressi e dei pioppi

frangivento che indicano anche in lontananza la presenza di un puestos,

la fattoria composta dall'abitazione e dal recinto per il bestiame.

Solo avvicinandosi alle montagne dello spartiacque andino cominciano a comparire le prime e isolate araucarie

 che più in alto avvolgono in un bosco misto e impenetrabile per la presenza delle canne di quila

le rive dei laghi di origine glaciale e dalla forma simile a lunghi fiordi.

 

 

 

 

 

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  La casa del loko Aigo; le foto che Amaranto e sua moglie Maria Antonietta mi concedono.

 

 

La ricerca non è facile, ma alla fine individuiamo la piccola casetta dove vive la famiglia Aigo.

Amaranto è nell'orto e Jorge, la mia guida, lo chiama con deferenza tra lo starnazzare di decine di oche

 spiegando i motivi della nostra visita. Siamo invitati ad entrare in casa,

un'abitazione quanto mai spartana formata da due minuscoli locali,

 il primo con camino e cucina economica adibito a sala da pranzo e soggiorno,

il secondo occupato da un letto a due piazze e da una cassapanca.

 Qui Amaranto vive durante l'estate assieme alla moglie Maria Antonietta, 76 anni lui, 70 lei.

La carica di loiko è una tradizione di famiglia avendola assunta per la prima volta suo padre nel lontano 1927.

La riserva di Rucacharoi è la più popolata della provincia:

700 abitanti dediti in gran parte all'allevamento e alla produzione di oggetti artigianali.

Fra di loro ci sono anche i suoi nove figli e i 15 nipoti. Ad aprile tutti scenderanno nei loro puestos invernali

situati allo sbocco della confinante valle di Pulmarì.

Oltre all'introito derivante dalla vendita del bestiame, ogni capo famiglia può contare su di

un sussidio mensile di 150 pesos concesso dal governo della provincia del Neuquén a tutte le comunità mapuche

 in cambio di un servizio pubblico. Lui, ad esempio, ha insegnato per anni come volontario ceramica e agricoltura.

La conversazione si snoda tra lunghe pause di silenzio e qualche imbarazzo.

Soprattutto Maria Antonietta sembra guardare con diffidenza gli ospiti stranieri e

quando le chiediamo il permesso di fotografarla assieme al marito rifiuta in modo secco

adducendo la scusa di non essere vestita in modo conveniente.

Amaranto si lamenta per la progressiva perdita di identità da parte dei suoi compaesani.

A nulla valgono secondo lui i maestri di lingua mapuche che non sono scelti dalla comunità

ma imposti dal governo e spesso non conoscono neppure le tradizioni locali.

Dovrebbero invece essere gli anziani a far sì che i giovani conservino i legami con le proprie tradizioni.

Gli chiediamo qual'é a suo parere la più significativa e a quel punto la sua faccia rugosa si apre

in un sorriso mentre gli occhi si alzano verso il soffitto. "Ricordo solo ora - racconta con evidente commozione - 

 Circa quarant'anni fa una machi mi aveva predetto che un giorno mi avrebbe visitato

un winka per farmi domande sulla cultura mapuche. Tu sei il winka della profezia.

 Lo scopo del tuo arrivo e delle tuo domande non può essere che buono".

Sul momento non capisco quanto Amaranto dice e mi faccio ritradurre tutto in uno spagnolo più comprensibile da Jorge.

 "La machi è lo sciamano della comunità, sacerdote e guaritore, che per antica tradizione è una donna.

Winka è l'appellativo con il quale i mapuche chiamano con un certo disprezzo gli stranieri.

 E' un grande onore per te essere riconosciuto come il winka della profezia".

Da quel momento l'eloquio di Amaranto diventa più convinto e fluido

tanto che provo difficoltà a seguire il senso dei suoi discorsi.

Anche il viso di Maria Antonietta si addolcisce in un timido sorriso,

seppur non smetta di scrutarmi curiosa con occhi penetranti. Anche lei è impegnata a mantenere viva la cultura mapuche

 e per questo dà il suo contributo volontario come cantante alle manifestazioni folcloristiche organizzate dall'Ufficio Turistico di Aluminé.

Amaranto mi spiega i momenti principali della cerimonia del Nguillatun,

la grande festa della rogativa con la quale gruppi di mapuche uniti da vincoli di parentela o

di vicinanza impetrano dagli antenati le fertilità della terra e l'abbondanza del bestiame.

E mi mette al corrente dei segreti del Pentukùn, la conversazione

che si instaura tra due mapuche nella quale vengono trasmesse e tramandate in modo orale

le rispettive conoscenze riguardo la genealogia e la storia del passato.

Chiedo di nuovo il permesso di fotografare e questa volta Maria Antonietta

 accetta andando anzi a prendere la rocca con la quale stava filando la lana.

 Ma dopo un paio di scatti mi chiede di smettere. "Dice che è troppo - osserva il marito -

ha paura che le fotografie le portino via parte dell'anima".

 Le interviste fino ad allora effettuate ci avevano lasciato molte perplessità e dubbi.

Avevamo bisogno di conferme e di precisazioni.

La nostra meta successiva è quindi la Pampa del Malleo, all'imbocco della valle che, ai piedi del perfetto cono vulcanico del Lanin

 oggi protetto in un parco nazionale, porta in Cile.

 Una fitta macchia di alberi localizza già a distanza l'ubicazione del grande complesso

dell'Istituto salesiano di Maria Auxiliadora dedicato a Mama Margherita, la madre di Don Bosco,

e situato al centro del territorio della riserva di Painefilu abitata da 550 mapuche.

 

 

 

 

 

 

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L'oasi in cui si trova la missione salesiana Mia Auxiliadora; a colloquio con padre Barreto;

scuola di artigianato locale 

 

 

 La missione venne costruita nel 1934, con il permesso del loiko , sulle macerie della scuola n. 113 da  Oscar Barreto,

un missionario salesiano argentino nativo di Viedna e dal 1978

è gestita dalle suore di Maria Ausiliatrice cui ai affianca personale docente laico.

 Oggi, a 85 anni, padre Barreto è un personaggio mitico in Patagonia e

uno dei più attenti studiosi della cultura mapuche sulla cui religione ha scritto libri fondamentali.

Lo incontriamo nella parrocchia di S. Junìn delle Ande dove sta trascorrendo un periodo di riposo

per le precarie condizioni di salute. Ci conferma che i Mapuche, pur convertiti al cristianesimo,

 non hanno rinunciato ai riti e alle credenze tradizionali che trovano la maggior espressione

 nella cerimonia del Nguillatun, di cui già ci ha parlato Amaranto.

Quattro giorni di invocazioni e di sacrifici di capretti in onore di una divinità identificabile con gli antenati

 e che presenta appunto quattro volti: quelli degli anziani, delle anziane, dei ragazzi e delle ragazze

che stanno nel cielo. Quattro volte i partecipanti al rito dicono Pu-am guardando verso est e

per quattro volte versano in terra come offerta l'infuso contenuto nel mate.

Un tempo era la machi a guidare la celebrazione, ma ora non ne esistono più.

Sembra che l'ultima sia morta qualche anno fa nel distretto di Zapala. Tutta la devozione è ora rivolta alla beata Laura Vicuna, l

a giovinetta di origine cilena morta nel 1904 e santificata dal Papa Giovanni Paolo II nel 1988.

Il problema più preoccupante per lui è però quello dell'alcolismo.

Abituati alla innocuachicha di pinon di araucaria, i Mapuche non sopportano vino e birra.

 In teoria sarebbe proibito venderli, ma i giovani li scambiano con pelli di capra e di pecora per potersi ubriacare, mentre gli anziani non esitano

ad utilizzare a questo scopo parte dei 150 pesos del sussidio mensile.

Del resto esiste una grande differenziazione sociale ed economica tra le diverse riserve.

Quelle che possono contare sui proventi del turismo con l'indotto dell'artigianato sono più ricche.

Le altre rimangono ancora ferme ad una economia di sussistenza. Silvia Scheel, la slanciata ed

elegante direttrice tecnica della missione, afferma che molti Mapuche

 non  sono neppure in grado di permettersi il tradizionale cavallo e

che alcuni genitori sono costretti a camminare anche due giorni per poter visitare i figli.

L'istituto ospita gratuitamente da settembre a maggio 153 studenti dai 7 ai 17 anni, di cui una cinquantina a convitto completo.

 Il governo del Neuquén copre le spese per i pasti, il riscaldamento e l'igiene,

oltre naturalmente per gli stipendi delle 27 persone che vi lavorano.

 Vi si insegnano tutte le materie delle scuole statali (compresa la lingua e la cultura mapuche),

ma suor Teresa, una piemontese di 65 anni ormai prossima al rientro in Italia,

mi mostra i fiori all'occhiello dell'istituto, i laboratori situati all'ultimo piano dedicati alla ceramica e alla tessitura,

due delle attività un tempo tramandate dai genitori ai figli.

Oggi è invece la scuola mantenere viva queste tradizioni che offrono un sicuro introito economico.

Lasciamo la scuola dopo qualche tiro al pallone (il campo di calcio non manca mai in un istituto salesiano)

 e partiamo per terminare idealmente il nostro viaggio tra i Mapuche ai piedi della loro montagna simbolo,

il vulcano Lanin, dove si svolge ogni anno un grande incontro di amicizia fra le comunità cilene e argentine.

L'ambiente è tra i più idilliaci che si possano immaginare. Il blu cobalto delle acque dei laghi Huechulafquen e Paimùm,

 il verde dei boschi misti di faggi e di araucarie dal fittissimo sottobosco di quilla, le canne simili al bambù,

il bianco dei ghiacciai e delle nevi che ammantano il cono del Lanin.

 Gli insediamenti turistici sono limitati ai campeggi o a qualche cabanas che si affaccia

quasi mimetizzata sulle piccole spiaggette sabbiose.

L'entrata al Parco Nazionale costa12 pesos, ma con nostra sorpresa i ranger che ci consegnano i biglietti non sono Mapuche.

Eppure sulla carta è segnata all'interno del parco la presenza di ben otto comunità indios.

" Il fatto è che i Mapuche sono sempre stati considerati nemici del parco - ci spiega Rodolfo Vergara,

il combattivo rappresentante della comunità Lafkenche formata da 600 membri di cui però solo 60 residenti in permanenza

 nell'area protetta dove occupano circa 32.000 ettari senza alcun titolo di possesso.

" E' questo per noi Mapuche il problema più urgente. Ogni riserva si trova in una situazione diversa occupando terreni

che di volta in volta possono essere dello stato (nel caso di un parco nazionale), della provincia del Neuquén

e delle varie municipalità. In genere il terreno viene loro dato in concessione gratuita per un periodo di 99 anni.

Ma spesso non esiste alcun accordo e il rapporto rimane conflittuale.

 Per quanto ci riguarda, gran parte del nostro territorio (ilWajmapuche) ci é stato strappato la prima volta

tra il1879 e il 1885 durante l'occupazione militare conseguente alla " Campana al Desierto"

per essere assegnato ai sottoscrittori della spedizione e all'esercito come premio di guerra (leggi 947 e 1628).

Il resto ci è stato confiscato dallo stato nel 1937, come se fossimo stati delle estranei sgraditi,

 in occasione della istituzione dei Parchi Nazionali Nahuel Halpi e Lanin.

Avete visto le cabanes e le altre  strutture turistiche campeggi, noleggio di canoe, ecc)?

Ebbene, non sono nostre perchè il parco le ha date in concessione a investitori estranei alla comunità

e talvolta anche stranieri. La situazione di conflitto è sfociata nel 1999 con l'occupazione dell'intendenza del Parco

da parte della Confederazione Mapuche Neuquina.

Oggi la situazione è però cambiata e il Parco ha accettato il principio del co-manejo 

istituendo un tavolo di trattativa con la Confederazione.

Lo stato ha infatti ufficialmente riconosciuto il diritto dei Mapuche alla proprietà comunitaria del territorio

concepito non solo come spazio fisico ma anche come dimensione culturale.

Uno spazio in cui il tutto (waj mapu) è la sintesi delle varie componenti:

la superficie (xufken mapu), il sottosuolo (minche mapu), l'aria (ragnin mapu),  il cosmo (wenu mapu),

ma anche le relazioni filosofiche, sociali ed economiche che intercorrono tra gli abitanti e le componenti naturali.

Si tratta di un processo lungo, ovviamente, per ora fermo alle enunciazione di principi preliminari

e alla costituzione di un comitato di gestione fra l'Amministrazione del Parco e la Confederazione.

 Ma la strada è aperta verso una futura gestione del territorio da parte dei Mapuche

nel rispetto della biodiversità e nel quadro dello sviluppo di un turismo eco-compatibile.

                                       

 

 Trekking a cavallo per raggiungere il sito archeologico a 3.500 metri di quota degli antichi cacciatori.

 

 

cavallo    bivacco    frecce

 

 

 conferenza ande

 

Il volantino della conferenza

 

 

    

 

I viaggi con Overland

 

L’Anello Azzurro del Mediterraneo (Overland 6)

 

Nel 2002 per festeggiare l'Anno Internazionale delle Montagne

il Comitato Italiano mi ha chiesto di organizzare qualche manifestazione d’ampio respiro.

E' così nato l'Anello Azzurro del Mediterraneo, il periplo del Mare Nostrum con la scalata delle sue 15 più alte montagne

che sono riuscito a realizzare nel corso dei sei mesi e mezzo del viaggio e ho descritto nel libro edito dalla CISCRA:

 Gennargentu, Etna, Gran Sasso, Monte Bianco, Triglav (Slovenia), Dinara (Croazia), Bobotov Kuk (Durmitor, Montenegro), Korabit (Albania),

Olimpo (Grecia),  Demirkazik (Turchia), Qornet es Saouda (Libano), Gebel Moussa (Egitto), Toubkal (Marocco),

 Mulachen (Sierra Nevada, Spagna), Picco de Aneto (Pirenei).

Il progetto è stato realizzato grazie all’apporto di Overland che ha fornito i mezzi necessari per raggiungere la base delle varie montagne.

La trasmissione televisiva è andata però in onda senza la scalata delle montagne col titolo Dalle Alpi al Sahara.

 

-         Il volantino della conferenza sull’Anello Azzurro

-         Al lavoro sul camion di Overland per scrivere il libro

-         Sulla cima dell’Etna

-         Verso la cima del Gran Sasso

 

La bandiera dell’Anno Internazionale delle Montagne sulla cima  del Mulachen (Sierra Nevada) con la guida del direttore

del Parco e sulla cima del Toubkal in Alto Atlante.

 

 

anello azzurro   computer   etna 1   gran sasso 

 

sierra nevada      toubkal

 

 

 

Parigi-Pechino andata e ritorno (Overland 11)

 

itala 2                                      libro itala

 

 

Nel 1907 l'Itala guidata dal principe  Scipione Borghese vinceva la prima gara automobilistica internazionale coprendo in due mesi i

circa 14.000 chilometri di distanza fra Pechino e Parigi.

Il 10 giugno 2007 siamo partiti da Parigi con la stessa macchina restaurata seguita dai classici camion di Overland ,

la nuova 500 e una moto Ducati e abbiamo ripercorso a ritroso l'itinerario da me studiato nelle sue tappe sulla base del libro scritto

dal giornalista Barzini.

 

L’Itala tra le ger della Mongolia -La Mongolia si è rivelato il tratto più impegnativo soprattutto

nella traversata delle propaggini allagate del deserto dei Gobi.

 Nulla era cambiato dai tempi di Scipione Borghese.

 

40° tappa secret history 181     itala      itala 3  

 

 

 

Come nel 1907 la mitica Itala ripercorre i 14.000 chilometri da Parigi a Pechino

 

“C’è qualcuno che accetti di andare l’estate prossima da Pechino a Parigi in automobile?”

 fu questa la sfida lanciata il 31 gennaio 1907 dal quotidiano francese Le Matin.

Per l’Italia si presentò il principe Scipione Borghese, 36 anni, deputato del Regno e

appassionato automobilista che scelse come sua macchina un’Itala 24-40 HP.

Si trattò di una competizione dura e piena di imprevisti  per la mancanza di strade e

per i numerosi incidenti verificatisi lungo il percorso (crollo di ponti, impantanamenti, rottura di ruote e di balestre),

ma che vide l’Itala arrivare vincitrice a Parigi con più di venti giorni di vantaggio sulla Spyker olandese.

 Un’impresa epica raccontata in un memorabile libro dal giornalista del Corriere della Sera Lugi Barzini.

 A distanza di cent’anni la stessa macchina, uscita dal Museo dell’Automobile di Torino,

ha ripercorso le strade d’Europa, della Russia, della Mongolia e della Cina per ritornare là da dove era partita nel 1907.

 Questa volta non era sola, ma seguita e assistita -come si conviene ad una nobildonna -

da una colonna di autoveicoli IVECO marchiati Overland, il famoso format televisivo,

e da due gioielli della tecnologia del Made in Italy, la nuova Fiat Cinquecento e la motocicletta Ducati.

 

Il DVD è il sintetico diario di questa straordinaria avventura vissuta in prima persona da una “vecchia centenaria”,

che ha attraversato e scoperto, alla luce dei suoi grandi fanali ad acetilene, una “metà del mondo”

così diversa da quella percorsa nel 1907.

Un’avventura non solo sportiva, ma soprattutto di conoscenza, attraverso gli stati della nuova Europa unita,

 la vecchia Madre Russia ancora legata ai fantasmi del passato,

una Mongolia fedele alle più ataviche tradizioni  e

 la nuova Cina della globalizzazione.

 

 

Il filmato che ho realizzato per ricordare il grande viaggio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le spedizioni alpinistico - scientifiche                            

 

1973- Spedizione all’Huascaran (6.600 m; Cordillera Blanca, Perù) per festeggiare i 100 anni della sezione di Milano del CAI.

 

huascaran           huascaran 1             huascarn 2

 

Sulla cima dell'Huascaran e alcuni momenti della scalata e del superamento della seraccata.

 

1975 - Esplorazione della terra di Baffin e scalata della cima Città di Lodi (con il geologo Emanuele Valentino).

 

 

baffin 2  baffin 3 baffin 1  inuit

 

Un difficile guado durante la marcia di avvcinamento, la traversata del ghiacciaio innominato

(chiamato poi della Lepre Bianca, la cima CAI Lodi e una bambina Inuit.

                             

 

1978 - Spedizione alpinistico-scientifica nel Caucaso sovietico con salita all'Elbrus.

E’ stata la prima delle spedizioni organizzate come CAI Centrale

in collaborazione con la Federazione Alpinistica Sovietica. Salita al cono vulcanico dell’Elbrus con gli sci e prima traversata della

catena del Caucaso fino al paese georgiano di Mestia famoso per le sue torri medioevali.

 

Immagine1          Immagine2 

 

Sulla cima dell’Elbrus - Preparativi per la discesa con gli sci  - Lo straordinario paese di Mestia, un angolo di Toscana medioevale nel Caucaso.

      

 

mestia tagliata

 

 

 

1980 - Spedizione alpinistico-scientifica in Pamir con scalate al Picco Komunisma, al Picco Lenin e

la prima esplorazione del ghiacciaio Fedcenko (oggi in Tagikistan), il più lungo ghiacciaio al mondo di tipo alpino

 

 

pamir      fedcenko       il famoso salto

 

Discorso davanti alle autorità con cappello kirghiso; il ghiacciaio durante il sorvolo in elicottero;

 Il famoso salto di una torrente glaciale che tagliava la superficie del Fedcenko durante la sua discesa integrale.

 

1981 - Spedizione all'alpinistico- scientifica in Siberia con scalata del Picco Beluka.

Il nostro gruppo di italiani ha scalato una cima vergine

e ha raggiunto la vetta più alta degli Altai, il Picco Beluka di 4.400 metri

 

ultimo campo     verso la vetta    cima vergine tagliata   

 

L’ultimo campo del Beluka; in prossimità della vetta; una vetta vergine scalata in prima dalla spedizione italiana (Parete Nord, Italo Zandonella)

 

 

              

1981-82  Spedizioni in Groenlandia con sci da fondo

 

La prima spedizione è del 1995 con gli istruttori della scuola di fondo del CAI di Milano anche

per provare nuovi materiali per lo sci escursionistico.

La seconda del 1996 come esperto geografico di una produzione cinematografica per trovare la location adatta ad un film sugli Inuit.

In questa occasione ho insegnato ai groenlandesi come si costruisce un iglu e

ho sperimentato su di una slitta bloccata dalla bufera

il mio bivacco più freddo: -42°

 

-        

gornlandia  slette   iglu  

 

Nel 1995 con gli sci da fondo sulla banchisa ghiacciata; Il traino a ventaglio tipico della Groenlandia.

 La foto di Giovanna Cantore è stata scelta come copertina di Airone; la costruzione di un iglu.

                         

 

Nel 1996 il  bivacco su di una slitta con la temperatura scesa durante la notte dopo una giornata di bufera (basta guardare la faccia!) a - 42 gradi

 

.        

bivacco                goenladia 2   

                                                           

 

 

1985-86 - Spedizioni in Karakorum (Quota 8000  e Everest K2-CNR)

 

Le prime spedizioni sono state organizzate dalla società Quota 8000 di Agostino da Polenza; le altre nell’ambito del progetto Ev-K2 CNR

di Ardito Desio di cui ero responsabile di geografia umana e antropologia.

 Insieme all’antropologa Ildergard Diemberger (figlia del mitico Kurt)

 e a sua madre Antonia Sironi ho raggiunto i campi base degli 8000 del Karakorum e dell’Himalaya

per studiare im modo comparativo

la cultura materiale e spirituale delle popolazioni.

           

 

guado     CNR 1        nepal 1

 

Io e i fiumi: l’attraversamento dei fiumi è sempre stata uno dei momenti più drammatici dei trekking. Sia quando li si superava

su uno sgangherato jula (ponte tibetano , sia quando si usava la teleferica oppure - caso davvero unico e pericoloso -  

un semplice cavo di acciaio al quale aggrapparsi

con le braccia e le gambe (valle di Shimsal, Hunza). Durante le spedizioni si viveva assieme ai portatori e alla gente locale.

Nelle foto un pasto di riso e lenticchie mangiato come usuale con le mani

 e una cerimonia sacra celebrata dalla sciamano (labon) per ingraziarsi gli spiriti della montagna.

 

Una donna Baltì del Karakorum intenta a produrre un pane di burro agitando una sacca di pelle contenente latte.

Cerimonia animista in onore di una divinità-montagna in Tibet.Portatori Balti verso il campo base del K2.

Il bagno settimanale nella pozza di acqua solforosa presso Askole.

 

balti 2 cerimonia bslti 2 bslti 3

                

 

 

Bambini tibetani: un piccolo portatore di legna nella valle di Kharma in Tibet e un suo coetaneo in un monastero buddhista che suona

la sacra conchiglia.

 

portatore legna                            monaco

 

Al  lavoro: aratura di un campo con yak ad Askole (Baltistan, Karakorum)

e preparazione del burro con una sacca di pelle tra i pastori tibetani

(versante est dell’Everest, valle di Kharta); al lavoro nelle risaie nepalesi.

 

aratura   burro  Io in risaia nikon

 

Verso il campo base nord dell’Everest (monastero di Rongpuk, 5050 m) a cavallo con Hildergar Diemberger

 

 

Rongbuk

 

                           

1995 -  Canada, stato dell’Ontario

 

Missione di studio della vita e della cultura degli indiani Ogibwa per scrivere il libro

 Sulle piste degli indiani d’America.

 

 

canada 1 canada 2

 

Trekking in canoa protetto dai nugoli di zanzare

 

 

 

   

canada 4

 

Una donna della first nation (nativi canadesi) in costume tradizionale

e uno sciamano che mostra la sacra ruota della vita con l’immagine dell’aquila

e le sue sacre penne.

 

 

canada 3     canda 5

                                                                                           

 La famiglia che mi ha ospitato: lei è canadese, lui un indiano Ogibwa. E il figlio?

Offerta di salmone e tabacco a Manitu. Il fumo del tabacco acceso porta l'offerta in cielo.

Paesaggio diella taiga con foreste e di laghi.

                                              

 

 offerta                                 trek ontario

 

 

 

 

 

I VIAGGI IMPOSSIBILI

 

IN PAKISTAN NELLO SWAT E NEL CHITRAL DOVE L'ESERCITO PAKISTANO SI SCONTRA CON I TALEBANI

 

 

 

 stupa         budda tagliato ridotto       budda tagliato 2

 

Lo Swat è una delle culle del buddhismo; qui è nato Padmasambava, il fondatore del buddismo tibetano;

 qui sono stati eretti i primi stupa;

qui, nell' ambito dell'arte Gandara, sono state scolpite le prime statue di Budda nelle vesti del dio greco Apollo

(retaggio dei regni indo-greci), immagine che poi è stata portata lungo la Via della Seta fin nel cuore della Cina.

 

 

 bambina cafira   bambine kafire  guado

 

 Nel Chitral, a lungo occupato dai Talebani, vivono (o vivevano...) i Kafiri,

 l'unico popolo ancora pagano e idolatra nel cuore dell'islamismo, forse

discendenti dai soldati di Alessandro Magno.

 Le strade per raggiungere la loro valle è molto difficile e agibile solo da piccole jeep

(nella foto la ricostruzione di un ponte privo di tutte le assi).

 

 

 

IN MALI , DOVE I TUAREG AFFILIATI AD AL KAEDA HANNO OCCUPATO LA MITICA TIMBUCTU E LE REGIONI ORIENTALI

ISTITUENDO UNA REPUBBLICA ISLAMICA E PROVOCANDO L'INTERVENTO ARMATO DELLA FRANCIA E DI ALTRE NAZIONI AFRICANE.

IL TERRORISMO ISLAMICO RENDE IMPOSSIBILE L'ACCESSO AGLI STRANIERI

 

 

 dogon 2   dogon  mausoleo 5

 

 

Danze Dogon del Mali e una immagine della irraggiungibile Timbuctu

 

 

 

 

cina ridotta

  il famoso salto  

a

  papa   cammelli e camion   trincea    sentiero italia ridotta   bambini   arrivo a jang dong 024   mar al 1   conferenza    riquadro_piccolo_home  
                                                 
 

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